autismo 1Poniamo la nostra attenzione su bambini speciali, speciali in quanto si riconoscono parte di un universo distaccato dal nostro mondo, ma comunque sia, parallelo e intersecante.

 

Il bambino affetto da una patologia di ritardo dello sviluppo è comunque a suo modo e nella sua stessa essenza un BAMBINO, e questo va posto alla base come principio di diritto e di interesse esclusivo. In quanto bambino ha bisogno di attenzioni, di tempo, di affettività, di condivisione, di gioco, di risposte e di certezze, ma in quanto bambino con difficoltà si ritrova ad essere egli stesso il fulcro, la base e la meta di tutte queste relazioni. Il bambino autistico è diverso in quanto figlio diverso, ma pur sempre figlio, entra così in discussione la figura principale, l’unico mondo da cui deve partire la sua individualizzazione, la FAMIGLIA! I genitori hanno il difficile compito di sostenere e guidare i propri figli e spesso si sentono responsabili delle sconfitte e delle delusioni che l’esperienza ci regala, ma nel caso di genitori speciali tutto diventa più difficile, la mamma e il papà si ritrovano a chiedersi cosa ci sia che non va, ma spesso, soprattutto nei primi anni di vita del proprio figlio, questa domanda resta accantonata nel profondo delle proprie angosce, quasi a negarsi ogni possibile risposta, come a difendersi dal giudizio o forse dal pregiudizio. Il vuoto in cui ci si sente sprofondare, la paura e l’angoscia di non essere in grado di sostenere il proprio figlio, e al contempo il senso di colpa nel non essere stati capaci di donargli una vita “normale”, mette in discussione tutto l’essere genitore, in quanto incapace o colpevole.

 

Queste sensazioni di angoscia e il non essere preparati, l’ignorare qualunque dinamica del perché e del come fare, mette in seria difficoltà la crescita di questi bambini, a cui viene sottratto del tempo, tempo della metabolizzazione genitoriale, dell’accettazione e del confronto, tempo difficilmente recuperabile senza i giusti mezzi e gli aiuti professionali adeguati. Infatti, qualunque disturbo dello sviluppo, difficilmente viene valutato e diagnosticato prima del compimento del terzo anno di età del bambino, ma soprattutto prima di questa tappa evolutiva difficilmente una diagnosi ed un giusto percorso vengono affiancati al ruolo del genitore. Eppure in quei tre anni la mamma e il papà hanno sicuramente avuto mille domande senza risposta, da porgere a qualcuno, tre anni di se, ma, però, tre anni di confronti, stimoli mancati, esperienze condivise solo tra loro, tre anni lasciati andare pensando: poi cresce, poi cambia, poi impara! Ma nulla si impara da sé, nessun traguardo si raggiunge senza correre una gara in competizione con altri diversi da sé. Nessuna possibilità è mancata se non la si cerca e nessuna sconfitta è tale se la gara non è terminata. In questo caso la gara è la crescita, lo sviluppo, la percezione che il bambino ha di sé e degli altri, ma soprattutto la vera sfida sta nel conquistare la giusta percezione del bambino altro diverso da noi, in un mondo uguale in quanto mutevole.

>L’esperienza di questi bambini è significativa in quanto unica, ma speciale e diversa nelle diverse relazioni e nei diversi spazi che il bambino vive e condivide con il mondo che lo accoglie. In famiglia, a scuola, negli spazi ricreativi, nei centri riabilitativi l’esperienza del bambino deve essere guidata e contestualizzata, le figure di affiancamento al suo sviluppo devono essere capaci di gestire il suo percorso e le possibilità di crescita gli devono essere fornite nei modi più diversi e vari.


Dott.ssa Rosa Mandia,Pedagogista, Counselor, Esperta in Autismo Infantile