L’argomento “appropriatezza prescrittiva”, messo in campo dal decreto ministeriale del 9 dicembre 2015, fa discutere ancora il mondo medico.
Il decreto previsto dal Dl Enti locali limita le prescrizioni inappropriate e riguarda l’odontoiatria, la radiologia, prestazioni di laboratorio, genetica. Ma i medici non ci stanno (anche se alcuni giudicano positivamente il cammino intrapreso con il decreto) e criticano sia le sanzioni (che ricordiamo sono previste dal Dl Enti locali) sia una limitazione della libertà di agire in scienza e coscienza.
È il caso dell’Ordine dei Medici chirurghi e Odontoiatri (Omceo) della Provincia di Milano che ha presentato ricorso al Tar del Lazio proprio contro il decreto sull’appropriatezza delle prescrizioni mediche. Il presidente dell’ordine, Roberto Carlo Rossi, in un’intervista ha spiegato che è importante non confondere il concetto il concetto dell’attività prescrittiva con quello dell’economicità delle prescrizioni nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale. È necessario definire regole precise sull’appropriatezza prescrittiva, che ottimizzino l’uso delle risorse disponibili, ma questo non può essere un pretesto per effettuare tagli indiscriminati.
Il provvedimento sancisce che determinati esami o interventi finora a carico della sanità pubblica possano essere prescritti dai medici e dagli odontoiatri solo se vengono soddisfatte le indicazioni di appropriatezza prescrittiva previste o se i pazienti rientrano in situazioni standard in cui la prestazione può essere erogata, cioè se la patologia soddisfa precise condizioni di erogabilità.
Ma il decreto in realtà, come sostiene l’avvocato Gennaro Messuti, autore del ricorso, è generico e non consente una valutazione certa e precisa a priori di quelle che sono le “condizioni di erogabilità” ovvero le “indicazioni di appropriatezza prescrittiva”, definite con valutazioni non professionali e che espongono il medico, qualora a posteriori venga ritenuto un “comportamento prescrittivo non conforme alle condizioni e alle indicazioni di cui al decreto ministeriale” a subire provvedimenti sanzionatori quali la riduzione del trattamento economico accessorio ovvero delle quote variabili.
Nel ricorso infine si ricorda che, secondo la Corte dei Conti, per “appropriatezza” si deve intendere che “ad ogni patologia deve corrispondere esclusivamente una prescrizione che risulti tale da indurre un miglioramento nelle condizioni di salute del paziente”. Un’ indicazione che, secondo i promotori del ricorso, “contraddice il decreto ministeriale in quanto l’esclusione degli esami è stata fatta non in relazione alla salute del paziente, ma alla tutela delle casse della sanità”.
APPROPRIATEZZA DEL TRATTAMENTO ANTIIPERTENSIVO.
IL PAZIENTE AL CENTRO DEL CONFLITTO TRA AVELLINO, 7 Maggio 2016
CREDITI: 10 I° PARTE CORSO RESIDENZIALE. II° PARTE CORSO FAD cartaceo per corrispondenza dal 7/5 al 7/6/2016, distribuito in sede evento.
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